31st ago2013

Pedalando verso Utrecht

by Francesca

Siamo giunti al nostro ultimo giorno ad Amsterdam e la scoperta della città e delle cittadine vicine continua.

Oggi  abbiamo pedalato fino ad Utrecht, bellissima e vivace cittadina che ci è sembrata una Amsterdam in miniatura.

Abbiamo percorso 98 km totali, molto dei quali controvento, che ci hanno notevolmente provato!! Ora un bel piatto di pasta e poi si esce per trascorrere la nostra ultima notte ad Amsterdam.

Qua sotto le foto.

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31st ago2013

Verso Rotterdam

by Francesca

30 Agosto 2013, verso le 9,30 lasciamo Amsterdam con le nostre biciclette in direzione di Rotterdam, città porto più grande d’Europa, a circa 76 km di distanza.

La prima tappa è prevista a Leiden che raggiungiamo verso l’ora di pranzo dopo 40 km controvento e un paesaggio carratterizzato da canali, mulini, mucche e cavalli al pascolo. Insomma, il tipico paesaggio olandese. In totale 86 km percorsi.

Domani sarà l’ultima tappa: Maastricht.

Qui le foto del giorno.

 

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30th ago2013

Casa di Anna Frank e gita notturna ad Harlem – 28 Agosto

by Francesca

Ieri è stata una giorno molto intensa.  La mattina è iniziata con la visita alla casa-museo di Anna Frank, in cui la piccola Anna, la sua famiglia e alcuni dipendenti passarono due anni in clandestinità per sfuggire ai rastrellamenti nazisti e alla deportazione nei campi di concentramento.

Prima della visita abbiamo incontrato la responsabile del museo a cui abbiamo portato un piccolo dono: il crest della Misericordia di Firenze, ente patrocinatore del nostro viaggio, come simbolo a testimonianza della necessità di non dimenticare mai quello che accadde in quegli anni terribili. Il diario di Anna è la testimonianza più preziosa di come la vitalità di un’adolescente può sconfiggere il disegno di sterminio anche a costo della vita. Pensiamo, infatti, che nei prossimi decenni quando non ci saranno più i sopravvissuti diretti dell’olocausto, si dimenticheranno i nomi degli esecutori dello sterminio ma tutti continueranno a leggere le emozioni di una ragazzina che chiusa in una soffitta credeva nella bontà dell’umanità.

Dopo la visita al museo abbiamo passato qualche ora in città per conoscerla ancora meglio per poi prepararsi e partire verso le 17 per Harlem, graziosa cittadina situata a 20 km a ovest di Amsterdam, nella regione dei tulipani, in cui abbiamo passato qualche ora e cenato. Il ritorno ad Amsterdam lo abbiamo fatto in notturna, armati di luci, lucine e catarifrangenti!!

 

In totale 45 km percorsi. Qua sotto tutte le fotografie del giorno.

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23rd ago2013

Saluti istituzionali prima della partenza

by Francesca

Ieri prima della partenza (prevista per oggi) abbiamo fatto un giro nel centro di Firenze per salutare e ringraziare gli enti che hanno patrocinato il nostro viaggio.

  • Come prima tappa ci siamo diretti in Piazza della Signoria dove ci ha accolto la consigliera comunale Cecilia Pezza e diversi vigili urbani (oltre ai tantissimi turisti che ci hanno fatto diverse fotografie).

 

  • Come seconda tappa ci siamo spostati in Piazza Duomo alla sede della Misericordia di Firenze in cui ci ha accolto il Sottoprovveditore Giovangualberto Bassetti Sani

 

 

  • Infine, come terza ed ultima tappa siamo andati nella sede della Provincia di Firenze dove ci ha accolto Delio Niccolai, capo gabinetto, per l’ultimo saluto istituzionale della giornata.

Stasera alle ore 20 in via Guido Guinizelli (all’altezza del civico 17) è previsto il raduno di tutti i partecipanti al viaggio e alle 21,30 circa è prevista la partenza. Siete tutti invitati a venire a salutarci!!

Nei prossimi giorni vi terremo informati del viaggio :)

A presto!!!

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21st ago2013

Firenze – Amsterdam: dal Lungarno al Lungomare dell’Olanda

by Francesca

Dopo il primo viaggio della primavera che ci ha visto impegnati nella tratta Firenze – Piombino, Dal Lungarno al Lungomare della Toscana, tra pochissimi giorni partiremo per la seconda avventura di quest’anno.

Il 23 Agosto partiremo per l’Olanda, la patria della mobilità ciclabile,  in un viaggio che ci vedrà toccare le principali cittadine dei Paesi Bassi e che ci porterà verso “il lungomare” della bicicletta: Dal Lungarno al Lungomare dell’Olanda.

L’obiettivo del viaggio è quello di pedalare dentro il futuro delle nostre città, o meglio dell’unico futuro possibile se teniamo ad un futuro che tenga conto delle persone. In Italia negli ultimi anni c’è stato un forte incremento dell’utilizzo della bicicletta. Noi crediamo che la bicicletta possa essere sia il modo migliore per conoscere una città, una nazione, ma anche il modo migliore per spostarsi per andare al lavoro, a scuola. Uno strumento, quindi, valido sia in un ambito turistico che durante la vita di tutti i giorni. Per questo l’Olanda ci offre un punto di vista a 360°, la possibilità di sperimentare nel modo più completo l’uso della bicicletta in ognuno degli ambiti indicati

I luoghi su cui concentreremo maggiormente la nostra attenzione sono:

  •  L’isola di Schiermonnikoog, l’ultima isola olandese del gruppo delle Frisone Occidentali, si quello delle vacche, prima che diventino tedesche. L’isola è un parco naturale è uProvincia di Firenze n’isola off-limits per le auto e si va solo in bicicletta. Si pedala tra foche, pecore e cavalli. Si pedala tra dune spiagge, boschi e fattorie che fanno tremare le gambe per la fatica e l’emozione.
  • Le città universitarie di Utrecht e Groningen. L’Olanda è un’intera rete di piste ciclabili. La bicicletta è di gran lunga il mezzo più usato. Groningen è la città del mondo con più biciclette per abitante al mondo.
  • Ovviamente pedaleremo a Amsterdam.
  • Pedaleremo a Leiden, città natale del pittore Rembrandt, e a Delft, città natale del pittore Veermer.
  • Toccheremo anche Rotterdam, la città con il più grande porto d’Europa.
  • Infine, come tappa finale arriveremo fino a Maastricht in una pedalata che ci vedrà impegnati per ben 194 km!!

Il ritorno è previsto il 1° Settembre.

Il progetto è patrocinato dal Comune di Firenze, dalla Provincia di Firenze e dalla Misericordia di Firenze.

Inoltre, come ogni anno, dobbiamo ringraziare il Centro Edile di Firenze per averci fornito i due pulmini per gli spostamenti. A nome di tutto il Tandem di Pace, Grazie!!  

Per chi fosse curioso e volesse conoscere tutte le nostre tappe nei minimi dettagli, vi terremo aggiornati delle nostre avventure su questo sito web.

Hallo(Ciao in Olandese) e presto!

Qui il Progetto Tandem di Pace 2013 completo.

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03rd mag2013

Ringraziamenti

by Francesca

Ogni ritorno in Tandem mi lascia un vuoto nello stomaco che dura qualche giorno, a prescindere … Ogni viaggio ha un colore e un odore diversi, flash e fermi immagine che non si assomigliano, o forse sì …

Nei giorni successivi al ritorno mi manca la presenza incombente dei compagni pedalatori, la loro ossessionante, continua, rassicurante ombra e il loro brusio incessante.
Insomma mi manca qualcosa. Mi manca molto la fatica delle salite e l’osmosi con la bicicletta, sento un dolore lancinante ai muscoli costretti a rimanere inerti sotto le scrivanie. Mi devo accontentare solo della velocità dei pensieri e dello spostamento delle idee … ben poca cosa rispetto ai metri guadagnati con il movimento ritmico dei pedali.
Forse ho scoperto troppo tardi la gioia delle due ruote o, meglio ancora, le ho ritrovate nel momento giusto della mia vita, quando ho recuperato il vero senso di me nel mondo.
A costo di smentirmi nel prossimo resoconto di viaggio, voglio sottolineare come questi quattro giorni nella costa tirrenica (fino a Piombino, attraverso Pisa, Livorno, e tutte le amene cittadine sul mare o all’interno di quelle false mezze faticose colline) mi abbiano lasciato dentro un vuoto particolare, ricco di tante belle sensazioni, di tanti bei volti, di tante imprese minimali che ci hanno fatto sentire adeguati all’avventura … nonostante tutte le difficoltà, le piccole incomprensioni,  le grandi mediazioni e le sane risate …
Le vacanze in gruppo, soprattutto se eterogeneo come quelli del Tandem, sono una bella sfida … a volte mi domando quale sia il nostro collante: se questo fosse la bicicletta, allora, davvero, questo mezzo potrebbe dirimere gli annosi conflitti che fanno sanguinare il mondo.
Personalmente riesco con difficoltà ad immaginarmi viaggi diversi da quelli che facciamo insieme … gli ultimi senza questo mezzo di locomozione a impatto zero e con altre compagnie non mi sembrano “il viaggio”. La convivenza forzosa non mi dà più ansia, né fastidio …
Di questo week-end della Liberazione sulla costa mi ricorderò soprattutto dei nostri ragazzi, quelli nuovi e quello “vecchio”. Spesso ho domandato a Enrico, Gherardo, Sara e Sofia perché sono venuti con noi, quale molla li ha spinti a scegliere questa esperienza … ma una risposta precisa non l’ho avuta. Mi piace immaginare che la motivazione sia quella mia profonda, ovvero perché no? Perché non farlo?
Anche questa volta ho visto confermata la mia fiducia nel futuro. Finché ci sono tanti ragazzi così il mondo merita esattamente di vivere:  la loro serena scoperta  delle cose e la loro semplice voglia di  misurarsi mi ha richiamato spesso alla mente i meravigliosi versi della mia poeta preferita – Wislawa Szymborska -  “Finché quella donna del Rijksmuseum/ nel silenzio dipinto e in raccoglimento,/ giorno dopo giorno versa il latte/ dalla brocca nella scodella,/il mondo non merita / la fine del mondo.
Nella semplicità del rapporto immediato siamo riusciti a stare insieme, a mandare avanti un gruppo molto diverso.
Senza niente togliere a quattro impavidi liceali campigiani mi ha colpito in particolare il grande percorso che ha fatto Otaho, la vera grande sorpresa di questo viaggio. Non era scontato un suo ritorno dopo l’esperienza di Santiago. Da quel faticosissimo ma intenso viaggio formativo, il nostro amico ha percorso tanti chilometri, più di quelli macinati dieci anni fa venendo dall’Africa. Li ha percorsi tutti, con fatica e con rabbia:  penso che oggi sia già oltre mille traguardi. Sicuramente si merita tutto il mio rispetto e, soprattutto il mio affetto.
Caro Othao, vorrei che il prossimo traguardo fosse quello di vederti cittadino italiano, immediatamente,  senza tutte quelle pastoie di cui ti sei lamentato con noi mangiando il gelato … perché stai costruendo anche tu il nostro paese con la tua storia, la tua forza e tutta la tua potenza.
Alla prossima
Fiorella
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04th apr2013

Agosto e tutto quello che viene dopo‏

by Francesca
Quando Dio ha pensato di fare le donne deve aver fatto le francesi per prime. Poi tutte le altre, le scandinave probabilmente per ultime, troppa tecnica e perfezione. Ma le francesi, beh, le francesi sono come il primo album di una band: follia e imperfezione tecnica si mischiano senza scontrarsi, coraggio e delicatezza, sensualità e innocenza. Dio aveva un sacco di cose da dire sul peccato e sulla dolcezza e le ha dette attraverso gli occhi e le labbra delle ragazze francesi, come quando i Counting Crows pubblicarono August and everything after e diventarono una delle migliori rock band del mondo con una manciata di canzoni sulla vita e sull’essere giovani e innamorati.
E il fatto che stia parlando di donne francesi in una rubrica di biciclette non è perchè non sappia bene che pesci prendere e mi stia perdendo il senso di tutto questo scrivere, ma è semplicemente per il fatto che abitano in un posto bellissimo su cui andare in bici, il posto ovviamente si chiama Francia per via delle francesi ovviamente. Perchè se si hanno dubbi sull’enigma dell’uovo e la gallina, sulla Francia e le francesi la scienza parla chiaro, le francesi sono nate prima.
Ad ogni modo qualche estate fa ho fatto un pezzo di Provenza in bici con due amici, alla ricerca di vino, bei paesaggi e formaggi. Ed era appena iniziato settembre e come i Counting Crows non sapevo bene cosa aspettarmi da tutto quello che sarebbe venuto dopo agosto. Fatto sta che abbiamo pedalato, e tanto, affrontando il caldo e l’assenza di vita di lunghi pezzi della Camargue, le salite infinite del Luberon, la calma e i canti delle cicale delle campagne vicino Arles. E Dio ci guardava dall’alto, ne sono sicuro, anche se sono ateo.
Ne sono sicuro perchè due volte abbiamo bucato e due volte Dio ci ha dato un segnale.
La prima volta eravamo in mezzo a delle vigne, nel mentre i miei compagni di viaggio stavano riparando la ruota io mi ero addentrato tra i filari per rilassare i muscoli, quando ne sono riuscito una ragazza francese era li accanto a loro con la sua bicicletta, una bici da città, vestita come una uscita a fare due passi, occhi azzurri e lentiggini rosse. Stava andando verso la costa azzurra macinando chilometri come se niente fosse. Si era fermata per darci una mano, una ragazza a tre ragazzi. Dopo un po’ di conversazione decidiamo che lei non esiste, lo decidiamo nel momento in cui ci dice che sta andando nella direzione opposta alla nostra ma che se cambiano strada possiamo farne un pezzo insieme. Mentre la guardiamo andare via dietro di me strisce rosa di carta igienica scivolavano nell’aria rimanendo appesa alle viti, faceva caldo, avevo appena avuto un attacco di diarrea e per fortuna avevo rubato un rotolo di carta igienica in ostello.
La seconda volta che buchiamo accade in un piccolo paese francese, la Francia è piena di piccoli paesi. Dio ancora una volta ci manda un segnale, stavolta una ragazza bionda, in mountain bike, abbigliamento tecnico, si ferma e ci chiede se abbiamo bisogno di una mano. Una ragazza a tre ragazzi. La fissiamo. Ci fissa. Decidiamo che nemmeno lei esiste e diciamo di no. La guardiamo scomparire dietro una patisserie con la sua coda bionda che le sbuca dal casco.
Cosa vuol dire tutto questo? forse niente o forse tutto, ma quello che voglio dire è che se dovete scegliere un posto dove fare un viaggio in bici la Francia è un luogo che può andare bene, non ci sono le piste ciclabili della Germania, non c’è la pianura dell’Olanda ma ci sono le strade fatte ancora di pietra, i paesi quasi disabitati, gli alberi nelle piazze delle città, l’odore dei cornetti la mattina presto, una dolce aria di decadenza e un sacco di ragazze pronte ad aiutarti. C’è semplicemente la Francia e tutto quello che viene dopo. E come diceva Luca Carboni
La vita è incontrarsi e illuminare il buio 
sì la vita è scontrarsi magari sotto il sole 
dove si incontrano donne sulle biciclette 
con le braccia nude e le grandi tette 
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29th mar2013

50 anni e non sentirli, che sia diventato sordo?

by Francesca

 

Se (ma si può iniziare con un se?) hai deciso di puntare tutte le tue carte sulla sregolatezza perché  ti sei reso conto che il genio non fa proprio per te.

Se (ma si può continuare con un se?) qualcuno ancora nel sonno del mattino ti dice che ormai hai quasi cinquantanni (ma quanta cattiveria c’è al mondo….) e te speri tanto sia uno scherzo di Carnevale, non ti resta che verificarlo direttamente proprio nella città per eccellenza del Carnevale, Viareggio.

Mi (si, con un mi si può iniziare, è tutta un’altra musica!) sono convinto. Solo Viareggio può darmi la sicurezza se ho cinquantanni per scherzo o per davvero. E allora parto per Viareggio. Bici+treno mi sembra la soluzione migliore. Il treno lo prendo alla stazione di Prato. Con me ci sono tanti  ragazzi. Scenderanno tutti a Montecatini perché devono andare ad un Istituto Tecnico. Uno di loro, isolato, mi guarda come se fossi un marziano (è noto che i marziani si vestono tutti con la tuta aderente elastica da ciclista di colore nero). Nel treno ci sono anche tanti ragazzi di colore (nero per l’esattezza) che tutti insieme ridono e scherzano (forse anche del fatto che la tuta è dello stesso colore della loro pelle). Scenderanno con me e con i loro borsoni a Viareggio.

A Viareggio non c’è scherzo che tenga (nemmeno a Carnevale): la stagione dura tutto l’anno. Ho fame. Girello nella zona intorno al mercato in cerca del bar giusto dove fare colazione. Faccio vari appostamenti. Prima di entrare in un bar che non conosco faccio sempre degli appostamenti. Sono necessari per individuare con precisione un bar frequentato da gente del posto. Mi piacciono i bar dove, oltre al cappuccino con la brioche, consumi anche i sorrisi ed i saluti di un barista. Alla fine, dopo una mezzora buona di vari appostamenti, entro in un bar con la scritta caffè Tubino. Non è andata bene, perché il barista saluta e sorride solo a quelli di Viareggio. A Viareggio è nuvoloso e fa freddo, ma in giro c’è lo stesso tanta gente (e tutti si salutano e si sorridono solo tra di loro…razzisti!). Finalmente arrivo a pedalare sul lungomare di Viareggio. Minaccia di piovere. Controllo nelle sacche se c’ho l’occorrente per la pioggia. Ce l’ho! Di fronte agli spalti (vuoti) per il pubblico del corteo dei carri del Carnevale di Viareggio mi fermo a comprare un giornale. Leggo la data: 12 gennaio 2013 e capisco che non era uno scherzo, domani compio cinquantanni. Non mi abbatto e ricomincio a pedalare. D’altra parte ormai Viareggio sta qui con me come i miei cinquantanni. Di fronte all’ingresso del nuovo molo del Lido saluto gli amici del treno che ora hanno aperto per strada i loro borsoni. Contraccambiano il saluto. Scendo di bici e la spingo per andare sul  molo.  Bello il molo del Lido. Non c’ero mai stato. Il vento, il mare increspato, lo sfondo bianco delle Apuane, il vento, la minaccia di una pioggia imminente, sono la scenografia naturale per farsi tante domande (tipiche per un cinquantenne) sul senso della vita, ma io c’ho fame e le domande a stomaco vuoto non promettono nulla di buono. Risalgo sulla bici e con il vuoto nello stomaco pedalo sulla pista ciclabile del lungomare verso Nord. A Fiumetto ci sono tante giostre per bambini. Sono tutte aperte. Girano cavallini, draghi, elefantini, carrozze, ma non c’è traccia di essere umani né finti e né veri. Mi guardo intorno, ci sono solo io, la mia bici e la pioggia imminente. Forse sono rimaste aperte dalla scorsa Estate e nessuno se ne è accorto. Penso a questo quando il clacson di una macchina, la pioggia che comincia a cadere e la fame mi riportano fortunatamente alla realtà. Però un dubbio mi rimane perché mi volto e le giostre continuano a girare da sole senza che nessuno le guidi. A Pietrasanta mangio tanto e bene e sempre dolci e sempre dentro un bar. Niente appostamenti questa volta. Fuori piove a dirotto. Mi fa compagnia una barista. Anche lei non mi sorride (paese che vai, sorridi che non trovi!). riparto sotto una pioggia enorme. Sono bardatissimo.  L’unica  umidità che sento è quella del sudore. Rifaccio all’indietro lo stesso percorso e rido. Non smetterò di ridere nemmeno alla stazione di Viareggio dove perderò il treno e dovrò stare più di un’ora fermo ad inventarmi il modo per passare il tempo. Già, il tempo passa. Ma che me frega. Il tempo che passa non lo sento. Ora ne sono convinto! Però mi viene un dubbio: che sia diventato sordo?

 

Dimenticavo.

Un sorriso viareggino alla fine lo vedrò. Sarà quello della capotreno che mi dirà che ho messo male la bici nel vagone del treno.

 

Giovanni Grossi 

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24th mar2013

Premio Malabrocca

by Francesca
Addio a maglia nera Malabrocca
Aveva 86 anni ed era identificato col simbolo, oggi scomparso, che veste l’ultimo della classifica al Giro d’Italia: per conquistarlo si nascose anche nei fienili
Milano, 2 Ottobre 2006
Andava in fuga dietro al gruppo. Entrava nei bar e non ne usciva più. Si nascondeva nelle scarpate, nei fienili, nelle cantine. Una volta si tuffò addirittura in una specie di pozzo, vuoto, ma un contadino baffuto, la pelle rosolata dal sole, s’insospettì e sollevò il coperchio: “E allora?”, gli intimò. “Sto correndo il Giro d’Italia”, tentò di spiegargli. Poi risalì sulla bici, affrontò Rolle, Pordoi, Campolongo e Gardena, perché era il tappone dolomitico del Giro d’Italia, infine giunse al traguardo. Ultimo, ultimissimo, maglia nera, nerissima. Era il suo forte, il suo fortissimo.
CAPOLAVORI - Ieri è morto Luigi Malabrocca, e stavolta la maglia nera significa non solo il lutto per un uomo speciale, ma anche per la fine di un capitolo, di un romanzo, di una storia, di un’epoca, di un ciclismo. Povero Luisìn, che aveva scelto di arrivare ultimo, perché quello era il sistema per sconfiggere la miseria. Ultimo nel 1946 a 4.9’34″ da Gino Bartali: un’impresa. Ultimo nel 1947 a 5.52’20″ da Fausto Coppi: un capolavoro. Un uomo solo al comando, Malabrocca, però dal fondo della classifica, finché non incontrò un altro fenomeno nella lotta al fuori tempo massimo, Sante Carollo. Era il Giro 1949, Carollo vantava due orette di vantaggio e la tappa finale, Torino-Monza, con arrivo ufficiale a Milano, non proponeva agguati. Ci pensò “il Mala”: mentre Carollo pedalava ignaro in mezzo al gruppo, lui approfittò di una foratura, entrò in un’osteria, accettò prima da bere, poi l’invito a casa di un tifoso che gli voleva mostrare una particolare attrezzatura per la pesca, infine si rimise in sella e pedalò al minimo. Un trionfo al contrario: due ore e 20 dietro al vincitore Giovannino Corrieri, due ore e un quarto dietro a Carollo. Ma Luisìn aveva commesso un errore: non aveva previsto che i cronometristi — una volta tanto spazientiti — se ne fossero già tornati a casa, classificando il superitardatario con lo stesso distacco del gruppo. Così fu Carollo a conquistare la maglia nera: 9.57’07″ da Coppi contro 7.47’26″ collezionati da Malabrocca. E Luisìn, deluso, prese la solenne decisione di abbandonare quella divina commedia umana.
IL CINESE - Malabrocca, nato a Tortona il 22 giugno 1920, detto anche “il Cinese” per via degli occhi a mandorla, era però un fior di corridore. In carriera ha vinto 138 corse, di cui 15 da professionista (Parigi-Nantes 1947, Coppa Agostoni 1948, Giro di Croazia e Slovenia 1949), ed è stato due volte campione italiano di ciclocross (1951 e 1953). Da tempo il suo telaio cigolava. Operato al cuore e alla gola, tirava avanti con serenità. Ricoverato in ospedale 15 giorni fa, poi dimesso, ieri, nella sua cascina di Garlasco (Pavia) verso le 15 ha staccato il numero. I funerali si tengono domani, alle 10, nella Chiesa della Santissima Trinità a Garlasco. Non sarà un addio. Uomini come Malabrocca muoiono, ma non scompaiono.
Marco Pastonesi – Gazzetta dello sport

Il Tandem di pace ha deciso di intitolare a Malabrocca il premio che ogni anno viene attribuito ad una persona che si è particolarmente distinta, indipendentemente dai risultati sportivi, nella storia del Tandem per generosità, passione, grinta e determinazione.

ALBO D’ORO
2010 – Giovanni Grossi
2011 – Matteo Gori
2012 – Claudia Carroccia
2013 – Antonio Montelatici

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20th feb2013

La bici di Jennifer

by Francesca

Anna ha diciotto anni e si sente tanto sola, ha la faccia triste e non dice una parola, tanto è sicura che nessuno capirebbe e anche se capisse di certo la tradirebbe. 

Così cantava Eugenio Finardi diversi anni fa ne la musica ribelle, quella dove lui, molto milanesemente invitava a mollare le menate e mettersi a lottare.

Anche Alex ha diciotto anni e si sente tanto sola (ma in fondo forse non poi tanto), ma vive dall’altra parte dell’Oceano, in America e precisamente a Pittsburgh ed ancor più precisamente in un magazzino dismesso, con il suo enorme pitbull. Alex lavora come operaia di giorno e come ballerina in un locale di notte. Alex non si sente poi tanto sola perché ha un sogno. Il suo sogno è danzare all’accademia di ballo di Pittsburgh. Prova e riprova i passi, esercitandosi anche nelle sue esibizioni notturne ed ha un’insegnante che da sempre la incoraggia a realizzare il suo grande sogno. Un giorno, convinta di aver trovato la coreografia giusta si reca al Conservatorio per cercare di ottenere un’audizione per iscriversi ma immediatamente si accorge di non avere nessuna preparazione di base, poiché non ha mai frequentato una vera scuola e quindi, scoraggiata, rinuncia. Ci riproverà ed alla fine coronerà il suo sogno. Alex non è altro che Jennifer Beals, protagonista del film Flashdance. La famosa scena finale del film, con lei che cade e si rialza, con la giuria che prima è distratta e poi sempre più coinvolta nella musica e nella danza è stata ripresa anche da una celebre pubblicità. Alex/Jennifer è stata per me un punto importante nella mia educazione ciclistica. Magari qualcun altro sarà rimasto attratto dalle sue capacità artistiche, dalla sua avvenenza (Nanni Moretti compreso, qualche anno dopo quando fece fare a Jennifer una piccola apparizione nel film Caro Diario), ma io no!

Mi dispiace per gli altri, ma io rimasi affascinato dal fatto che Alex/Jennifer andava tutte le mattine a lavorare in fabbrica con la bici, con tutti i tempi ed in tutte le stagioni: così come Anna ascoltava la musica ribelle e mollava le menate per mettersi a pedalare, Alex/Jennifer andando in bici tutti i giorni trasformava la sua bici in una bici ribelle e mollava le menate per mettersi a pedalare. La sua era una bella bicicletta da corsa. Una bicicletta da corsa particolare, con un portapacchi sopra la ruota anteriore, dove lei sistemava il casco che le sarebbe servito a lavorare. Si tratta di una bicicletta che viene comunemente definita da corsa perché ha il manubrio delle biciclette da corsa, ma ha caratteristiche proprie delle biciclette da gran turismo o come dicono i francesi da gran randonneè. In genere ha il telaio in acciaio, più adatto per chi deve stare sul sellino per tante ore. Non si sono tanti modelli in commercio in Italia. Sono bici per lunghe distanze e cioè per chi pensa alla distanza e non al tempo che ci mette a percorrerla. Sono bici però adatte anche a percorsi cittadini e quotidiani. Insomma sono bici da usare come mezzo di locomozione i giorni feriali ed i giorni festivi. Per fare un giro la domenica o per andare a lavorare, in modo da provare sempre piacere, anche quando stai andando a fare il tuo dovere.

Sempre con la stessa bici.. Fedeli. Ed io ogni giorno che Dio mette in terra, al mattino quando parto in bici per andare al lavoro, penso a Jennifer Beals.

Giovanni Grossi

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