17th gen2013

Prime Visioni

by Francesca

 

Mi sono svegliato c’è una bicicletta che parte alle 6.40…ed io ci devo salire sopra. Non ho l’abitudine di guardare le previsioni meteorologiche. In ogni caso però a gennaio generalmente un po’ freddo fa. Sono già fuori in sella. Prima pedalata e prima canzone nell’iPod (stamani c’è Africa dei Toto; parto sempre con una canzone dei primi anni ottanta…mi ricorda quando avevo intorno ai venti anni).

E’ buio, fa freddo (non mi sbagliavo), ma dopo 100 metri di pedalate so già che non avrò più freddo. Infatti sul ponte sul Bisenzio le pedalate e l’Africa dei Toto fanno già il loro effetto. Nel centro storico di Campi ci sono solo camioncini in sosta per lo scarico delle merci, ma intorno ci sono solo le merci e non ci sono tracce del conducente-scaricatore. I primi esseri umani li trovo alla fermata dell’autobus all’altezza del bar Franco poco oltre piazza Dante. Son contento! Loro sono la testimonianza che il mondo è sopravvissuto alla notte. A dire il vero qualche dubbio che il mondo sia rimasto intatto dalla sera precedente mi viene alla rotonda in fondo a via Buozzi quando, in lontananza, vedo tutte illuminate delle enormi strane macchine di ferro che assomigliano ai tripodi del film la guerra dei mondi. Mi sento come Tom Cruise che stringe accanto a sè i suoi due figli per salvarli dall’attacco dei tripodi.. Nell’incertezza che nella notte ci sia stata veramente un’invasione di tripodi accelero sulla salita di ponte di Maccione. Mi calmo quando mi ricordo che quei tripodi in realtà non sono altro che delle gru in sosta nel parcheggio di un concessionario di macchine per l’edilizia. Dall’alto del ponte di Maccione la voce di Michael Stipe che canta “man on the moon” mi trasforma da ciclista che pedala sul grigio asfalto della strada dell’Osmannoro in un astronauta che pedala sul suolo beige della luna. Mi riporta sulla terra la vista casalinga della sagoma di case passerini. Sulla strada la vista delle luci rosse delle auto di fronte a me e di quelle bianche contro di me  mi trascinano per un attimo dentro un videogame.

Entro nella periferia di Campi Bisenzio (in fondo cos’è Firenze se non la periferia di Campi?). La bicicletta fila via che è un piacere. Ieri mattina c’erano dei cigolii strani che provenivano dalla catena, poi nel pomeriggio son passato da quel gran genio del mio amico che con un cacciavite in mano fa miracoli. In via Baracca trovo un po’ di traffico. Rallento. Ho la sensazione di essere già arrivato, ma non è così. Mi faccio forza ed all’altezza di via degli Allori decido di non adagiarmi sugli allori. Più avanti all’incrocio con via Baracchini  la vista della sede di Equitalia mi ricorda di aver qualcosa da pagare in arretrato. Per paura di essere beccato da un esattore di Equitalia scarto di lato come un bufalo in via del Barco piantando in asso Baracca e Baracchini. Alle Cascine il verde brillante del pratone del quercione e di quello delle cornacchie dimostrano in maniera lampante l’esistenza di dio. Le pedalate alimentano altre visioni di altri momenti vissuti alle Cascine, di concerti di Peter Gabriel, Lucio Dalla e Fabrizio De Andrè e di spettacoli dei Giancattivi e di Benigni in vecchie feste dell’Unità. Mi aspetta il semaforo della tramvia. Il passaggio della tramvia mi scaraventa felicemente in Europa. Attendo diligentemente il mio verde e poi riparto.

Sulla salitella della pista ciclabile che sovrasta il sottopasso di piazza Vittorio Veneto comincio a pregustarmi la visione dei lungarni: meno 3, 2, 1 eccoli! Alzo le mani dal manubrio e pedalo lentamente. Ora sono proprio arrivato! Sono le 7 e pochi minuti. Mi aspetta una nuova giornata di lavoro. In cuffia c’è una canzone di cui non ricordo bene le parole. Mi sembra faccia così: pedalare un po’ è come bere; più facile è respirare.

Giovanni

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